con occhi di madre
Le mie bimbe sono fortunate.
Non sanno cos’è la guerra se non dalle immagini che vedono in televisione.
E per loro sono storie lontane, quasi irreali,
perché è impossibile raccoglierne nella mente la devastazione.
Non sanno della violenza.
Per loro esistono solo streghe cattive e draghi, quelli delle favole,
che vengono sempre sconfitti, cancellando ogni male.
Non sanno di quel silenzio, portato dalla fame,
quando la debolezza impedisce anche di parlare.
E rimangono turbate da quelle foto di bimbi disperati e magri,
si chiedono dove sia quell’elfo buono, che dal bosco gli porti da mangiare.
Non sanno di quel freddo che entra nelle ossa,
quando non si posseggono neanche vestiti e non si ha un tetto dove dormire.
Hanno coperte che sanno di loro, che raccolgono il loro odore e i sogni buoni.
Non sanno nulla di quell’acqua, di quelle onde
che avvolgono i corpi come orchi malvagi.
Di quella terra che non si avvicina, a dare tregua.
Per loro il mare è divertimento,
è la schiuma che approda a riva,
il profumo della salsedine e i sassi colorati.
Non sanno di quel pianto che non si placa,
perché non ha un abbraccio in cui dissolvere la disperazione.
Non sanno del dolore,
di quel sentimento che deriva dall’impotenza,
quando non si può proteggere chi amiamo.
Ma noi che siamo mamme, quel dolore, lo dovremmo abbracciare.
E guardare con occhi di madre alle altre madri.
A quelle meno fortunate,
che non hanno più la possibilità di assolvere al loro ruolo,
che è quello di proteggere, di prendersi cura,
perché è soprattutto di questo che la vita le ha private.
A quelle arrivate sui barconi,
o che stanno per arrivare,
sperando in un nuovo orizzonte verso cui guardare.
Dovremmo guardare con occhi di madre a quei bambini,
che i draghi li hanno conosciuti davvero
e non sanno cos’è una favola in cui sperare.
Non sanno della bellezza, della gioia.
E accoglierli, senza i filtri della paura.
Quella paura che qualcuno non si stanca di propagare.
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Ci sono tre modi per abbracciare l'impossibile: scrivere, leggere e disegnare. Io ci provo, ogni giorno.
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